LA CATTEDRALE
I primi lavori per la realizzazione della Cattedrale di Agrigento cominciarono prima dell'anno 1100 per volontà del vescovo Gerlando. Ma soltanto 200 anni dopo, durante il periodo di vescovado di Bertoldo De Labro, la chiesa realizzata venne intitolata a San Gerlando, patrono della Città dei Templi.
Con il passare degli anni e dei secoli, altre costruzioni vennero aggiunte all'originaria ed altre migliorie vennero effettuate all'interno. Ciò ha provocato una varietà di stili non indifferente che ancora oggi si possono ammirare all'interno del Duomo. Si va da quello normanno a quello gotico-chiaramontano, da quello rinascimentale a quello barocco.
Già nel 1600 la cattedrale di Agrigento aveva perduto lo stile e la struttura primitivi. Una paurosa frana, verificatasi ad Agrigento nel 1966, ha provocato ingenti danni al Duomo che è rimasto chiuso, in fase di restauro, per una decina d'anni. All'interno si possono ammirare affreschi e sculture di grande pregio artistico.
La Casa di Pirandello A circa quattro chilometri dal centro storico e a due dalla Valle dei Templi, sorge la casa che diede i natali a Luigi Pirandello, drammaturgo agrigentino famoso in tutto il mondo.
Vi si rifugiò la famiglia Pirandello in occasione di un'epidemia di colera. E qui nacque Luigi, il 28 giugno del 1867. La "casa romita" e il "pino solitario" divennero i luoghi mitici della fantasia di Pirandello che trascorse in queste campagne l'infanzia e l'adolescenza. Nel 1949 la casa venne dichiarata monumento nazionale e poi venne acquistata dalla Regione Siciliana.
L'edificio non ha particolari pregi artistici ed architettonici, tuttavia è divenuto nel tempo un luogo estremamente significativo per quanto riguarda la cultura mondiale e meta di studiosi o semplici appassionati dell'opera del drammaturgo agrigentino. All'interno sono contenuti cimeli, fotografie ed altro: oggetti che testimoniano la vita e le opere di Luigi Pirandello. Particolarmente significative sono le foto che ritraggono lo scrittore mentre ritira il premio Nobel, conferitogli nel 1934. A ridosso della casa, c'è un lungo e stretto viale che porta al famosissimo pino, luogo di contemplazione dello stesso drammaturgo, ai cui piedi giace una "rozza pietra" scolpita dall'artista emiliano Marino Mazzacurati, ove sono murate le ceneri di Pirandello. Una tromba d'aria, abbattutasi sulla zona nell'autunno del 1997, ha spogliato il secolare albero della sua splendida chioma, conosciuta in ogni angolo della terra.
Il monastero di Santo Spirito, con la sua grandiosa mole, domina la parte orientale della città. Esso è senza dubbio il più noto fra tutti i monumenti medievali rimasti ad Agrigento. L'ingresso del monastero, denominato dagli agrigentini "Bataranni" proprio per le grandi dimensioni e per la grande fama che ebbe, è posto a destra della chiesa di Santo Spirito. Attraverso un portale, per mezzo di un corridoio, si accede in un ampio cortile dove, oltre al giardino, si può ammirare la suggestiva facciata occidentale con le sue monofore di semplice struttura e bifore divise da esili colonnine. L'alternanza di pietra calcarea e di arenaria agrigentina ha creato un meraviglioso effetto di bicromia (motivo sempre presente nell'architettura siciliana a partire dall'epoca normanna). L'insieme del monastero si articola su due piani. Il piano terreno comprende, a sinistra, la cappella, nel cui interno vi sono strutture trecentesche ed un arco chiaramontano, l'Aula Capitolare, alla quale si accede da uno splendido portale fiancheggiato da due ampie finestre bifore, i cui archivolti sono ornati a rilievo da un motivo a linee spezzate, mentre la colonnina centrale è ornata da un fogliame a rilievo, ed infine il grande Refettorio, il cui ambiente, molto semplice, presenta un soffitto sostenuto da archi poggianti su peducci inseriti nello spessore del muro. Al primo piano si accede dal grande portale situato quasi al centro della facciata. Una scala interna porta direttamente al Dormitorio con accanto ambienti destitati all'Abadessa e alla Priora. All'interno del Dormitorio si notano un soffitto di legno sorretto da archi a sesto acuto del seicento e una serie di nicchie destinate a ripostigli o a cappellette singole. Nella parte nord del dormitorio sono visibili affreschi medievali che ricordano quelli dello Steri Chiaramontano di Palermo.
Partendo dalla collina di Girgenti, e in particolare dalla chiesa di Santa Maria dei Greci, incorporato in alzato, in fondazione e nel taglio della roccia, si conserva un tempio dorico del 480-60 a.C., periptero (m 34,70x15,30) di 6x13 colonne, con cella munita di pronao ed opistodomo. Se è andata perduta, oltre alle absidi, la fronte orientale, e di quella occidentale sono stati visti negli scavi i soli tagli nella roccia per le fondazioni, sono visibili tuttavia le fondazioni della peristasi meridionale e settentrionale (con alcune colonne incorporate nei muri della chiesa) e della cella, mentre sotto la chiesa è visibile, per oltre venti metri, il krepidoma del lato settentrionale. Nell'atrio della chiesa si conservano alcuni elementi dell'alzato, una parte di capitello e tratti del geison.
In Piazza del Purgatorio è conservato il cosiddetto Ipogeo del Purgatorio, un sistema complesso di cunicoli che si dipartono da un tunnel centrale scavato nella roccia ed appartenente alle strutture di drenaggio ed alimentazione idraulica che si collegano - a torto o a ragione - con l'acquedotto di Feace.
Rupe Atenea
Sulla Rupe Atenea si sono rinvenuti resti di un frantoio ellenistico, e sulle sue pendici sud-ovest è conservato uno dei numerosi templi delle divinità ctonie, incorporato nella chiesetta medievale di San Biagio. Il tempio, di medie dimensioni (m 30,20x13,30) era dorico in antis. Se ne conservano il basamento, col caratteristico vespaio costituito da un graticcio di blocchi, ed una parte cospicua delle strutture isodome dei lati e del fondo della cella, mentre l'abside della chiesa viene ad occupare la porta del tempio, conservando libera parte delle ante. Dallo scavo provengono resti del geison e della sima a protomi leonine (al Museo Nazionale). Sul lato a valle, la terrazza su cui è sistemato il santuario è delimitata da un muro di témenos, con un accesso attraverso due strade scavate nella roccia. Lungo il lato nord del tempio, all'altezza della cella, sono due altari circolari, di cui quello ad est presenta un anello di blocchi che borda il piano dei sacrifici tagliato nella roccia e arrossato dal fuoco delle offerte, mentre quello ovest, realizzato pure a grandi conci, reca al centro un foro ed una cavità per le offerte infere. Il ritrovamento all'interno dell'altare di kernoi (vasi rituali) e, nell'area, di statuette e busti fittili caratteristici del culto di Demetra e Kore, insieme alla tipica forma circolare degli altari, consentono d'attribuire il santuario alla coppia di divinità tanto popolari a Gela, e poi nella sua colonia, da far affermare a Pindaro che Agrigento era un vero e proprio Persephònas hédos (un "trono di Persefone").